domenica 16 dicembre 2012

PASSANTE C DI ROMA (II)

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Quanto avevamo ipotizzato sui costi unitari della tratta T2 (Fori Imperiali-Colosseo/Clodio-Mazzini) un anno e mezzo fa (circa 450 M€/km) si è purtroppo concretizzato in anticipo per la tratta T3 (S. Giovanni/Fori Imperiali-Colosseo).

Il recente stanziamento del CIPE di ulteriori 253 M€, che vanno a sommarsi ai 790 M€ precedentemente stanziati, per un totale di 1.045 M€, anche se formalmente viene imputato alla rimodulazione sulle tratte già costruite, di fatto appartiene tutto alla tratta ancora da costruire, visto che se non ci fosse stato i cantieri per questa non sarebbero mai partiti (e per la verità devono ancora partire).

Con questa cifra il costo chilometrico della tratta T3, lunga poco più di 2 km, si attesta attualmente sui 425 M€/km. Se questo costo fosse mantenuto, per completare la linea per i restanti 4,5 km della tratta T2, sarebbero necessari altri 1.900 M€, all’incirca il triplo di quanto previsto nel bando di gara.

A questo punto vale la pena chiedersi se siano necessarie simili folli cifre per realizzare un progetto, che se non sarà completato nella sua interezza, rimarrà senza né capo né coda.

E questa è più di una ipotesi visto che sarà molto difficile trovare chi avrà il coraggio di aprire la stazione di S. Giovanni con la linea ancora li attestata (o anche al Colosseo) e quindi senza sbocco oltretevere, verso S. Pietro o in Prati, conscio del serio rischio di far collassare definitivamente la già sottodimensionata linea A, sotto il carico dei nuovi flussi casilini diretti verso Termini ed oltre.

E’ pure ragionevole chiedersi come mai proprio a Roma si raggiungano questi livelli di spesa che non hanno paragoni a livello mondiale.

La risposta che Roma sia unica al mondo per la presenza di uno strato archeologico senza pari regge fino ad un certo punto.

Piuttosto bisognerebbe chiedersi se le tecniche di costruzione finora adottate, soprattutto quando si affronta la perforazione di questo strato in corrispondenza delle stazioni, siano le più consone per non raggiungere certi livelli di spesa e non siano, al contrario, le più adatte proprio a giustificarli.

Attualmente la costruzione delle stazioni nelle tratte centrali, ove la presenza dello strato archeologico è ineludibile, sembra essere diventato il maggior centro di costo di tutta l’opera (tant’è che molte stazioni previste nel progetto iniziale della C sono state via via soppresse, per i costi eccessivi di scavo, facendo assomigliare sempre di più la linea ad un passante ferroviario).

Al contrario lo scavo delle gallerie in profondità sembra essere ormai diventata invece un’attività secondaria, visto che con le moderne TBM il processo è quasi completamente automatizzato e scorre sempre spedito e senza troppi intoppi (al riguardo si pensi al fatto che le “talpe” sono giunte a S. Giovanni ormai da molti mesi con la stazione che invece è ancora al di là da venire).

Ma non si potrebbe semplificare l’architettura delle stazioni, evitando decine di scale mobili, su decine di mezzanini, con corridoi di accesso all’atrio d’ingresso, posto sotto il livello stradale, e quindi proprio nel mezzo dello strato archeologico, ramificati a raggiera e lunghi centinaia di metri?

E visto che Roma non può permettersi una metropolitana semi-superficiale di tipo gugliemino con le stazioni sotterranee di modello tramviario (un’unica piattaforma centrale con due sole scale di accesso, agli estremi della medesima, costituite da una sola rampa, che si imboccano da un marciapiede al centro della carreggiata stradale) non si potrebbe pensare a qualcosa di alternativo, molto più semplice e razionale, che sicuramente farebbe sgonfiare i costi, portandoli a livelli di decenza, comparabili con quelli che si raggiungono a livello internazionale?

Per l’accesso alle stazioni, e quindi per la perforazione dello strato archeologico, non si potrebbe prendere ispirazione da qualcuno al quale era già stato posto un problema quasi analogo circa cinquecento anni or sono e che lo risolse molto brillantemente?

Per esempio da Antonio da Sangallo il Giovane (1484-1546), al quale Clemente VII aveva chiesto una soluzione per approvvigionarsi di acqua a 53 metri di profondità e alla quale l’architetto fiorentino aveva risposto con una struttura a doppia rampa elicoidale interlacciata, di 13 metri di diametro, in modo che chi andava a prenderla in fondo al pozzo non incontrasse mai chi l’aveva già presa (esattamente la medesima situazione che si incontra in una stazione della metropolitana ove chi scende per prenderla non dovrebbe mai incontrare chi sale perché l’ha già presa).

Per le stazioni profonde si potrebbe invece prendere ispirazione dal più recente modello sovietico (poi forzatamente esportato in tutte le capitali dell'allora blocco di Varsavia) che prevedeva sempre una configurazione standard, con due canne laterali di corsa per i treni e le piattaforme di imbarco dei passeggeri ed una centrale parallela, di sezione maggiorata, a mo’ di vestibolo di stazione, intercomunicanti tutte fra loro attraverso ulteriori canne trasversali di sezione minore.

In questo modo tutte le stazioni centrali potrebbero essere ubicate in corrispondenza di una piazza, al centro della quale potrebbe essere posta la canna unica discendente alla maniera del Sangallo, di circa 35 metri di diametro (per garantire i giusti flussi pedonali di andata e ritorno) che andrebbe ad intercettare quella profonda centrale di vestibolo, alla sovietica.

I vantaggi di questa soluzione assai prussiana potrebbero essere molteplici:

-          la perforazione dello strato archeologico avverrebbe in un unico punto per stazione,

-          tutti i processi di scavo si risolverebbero in perforazioni circolari orizzontali o verticali, di vario diametro, che risultano essere le più semplici da realizzare,

-          durante i lavori l’area di cantiere coinciderebbe perfettamente con l’area della stazione definitiva,

-          se la stazione non fosse molto profonda questa potrebbe essere raggiunta anche dalla luce solare.