venerdì 15 luglio 2011

CONTRORIFORMA TRAMVIARIA A ROMA (I)

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Il vicolo cieco nel quale è stato ficcato il progetto della linea C impone un urgente ripensamento collettivo.

Al momento gli scavi della linea sono arrivati a San Giovanni e di fatto non sono null’altro che l’ennesima ristrutturazione del tratto suburbano di quelle che furono le Ferrovie Vicinali e l’interramento del loro tratto urbano, con l’abbandono di quello che fu il loro percorso storico, lungo la direttrice Casilina, sacrificato ad un nuovo itinerario meno impegnativo.

Scenario quasi analogo a quello che si ebbe una cinquantina di anni fa con la linea A: interramento dell’intero tratto urbano di quelle che furono le Tramvie dei Castelli, lungo le direttrici Tuscolana ed Appia, con attraversamento del centro storico (per buona parte sotto Villa Borghese) e sbarco nei Prati di Castello, sull’altra sponda del Tevere.

Scenari non molto dissimili per i quali si stenta a comprendere perché a Roma le poche metropolitane che si riescono a costruire debbano sostituire, con una tecnologia più evoluta, delle infrastrutture già esistenti (che si sarebbero potute egregiamente adeguare alle nuove esigenze) e non siano invece impiegate per servire bacini d’utenza ancora privi di sistemi di mobilità su ferro.

L’unica differenza fra i due scenari (non da poco) è che stavolta l’attraversamento del centro storico sembra quasi impossibile (non c’è una salvifica Villa Borghese di mezzo): l’unico tratta già stanziata è la T3 accorciata (San Giovanni-Colosseo), ma a costi allargati (322 M€/km); mentre l’altra tratta, quella più centrale, la T2 (Colosseo-vattelaapesca), non ha ancora un progetto cantierabile e meno che mai un pur vago stanziamento economico.

Se le cose stanno così si deve avere il coraggio di mettere un punto e ricominciare da capo, con altre visioni ed altri orizzonti.

Se Roma non può permettersi una rete metropolitana al pari di tante altre capitali europee (1), neanche di tipo leggero (soluzione impraticabile vista la sua interferenza con lo strato archeologico), se ne prenda atto e si vada avanti ugualmente invece di costruire a tutti i costi linee anche senza fermate (2).

E per andare avanti basta guardarsi indietro.

Il 1° gennaio 1930 Roma fu teatro di una Riforma Tramviaria che scacciò fuori delle Mura Aureliane il tram. Dopo poco più di ottant’anni è giunto il momento di una Controriforma che lo riporti, in modo adeguato ai tempi, nel centro della città eterna, quale valido sostituto di una metropolitana alla quale non si riesce a far fare altrettanto.

Le moderne tecnologie (convogli silenziosi e capienti (3), confinati in vie di corsa riservate, in promiscuità al più con i soli pedoni (4), con finestrature panoramiche che consentono di ammirare le bellezze della città (5) e con alimentazione da sospensioni aeree che sono visibili quanto quelle utilizzate per l’illuminazione pubblica(6)) consentono di costruire in poco tempo e a costi ragionevoli una rete tramviaria di superficie alternativa e di complemento a quella sotterranea, con prestazioni analoghe se non superiori rispetto a quest’ultima (basti pensare in termini di attrazione del servizio: un tram luminoso e a portata di braccio se si potesse prendere al volo, rispetto ad una metropolitana profonda, difficile da raggiungere e con viaggi monotoni in un tubo buio).



I criteri guida che furono della riforma del ’30 dovrebbero essere gli stessi della controriforma attuale.

In primo luogo quello della costituzione di un doppio anello circolare, opportunamente adeguato alle dimensioni raggiunte dalla città odierna, che consenta lo spostamento tangenziale fra le varie direttrici radiali, con uno o più trasbordi nei punti d’interscambio della rete.

Il primo anello circolare, quello esterno (ACE) (28 km), potrebbe insistere sull’attuale anello ferroviario, ancora incompleto (da tempo immemorabile) per poco più di 3 chilometri (all’altezza di Tor di Quinto).

Con la chiusura dell’anello e con un suo opportuno adeguamento si potrebbe avere un esercizio promiscuo dell’infrastruttura sia per il servizio ferroviario che tramviario (tram-treno) (7).

Su questo anello in corrispondenza delle fermate Pineto e Lanciani si potrebbero innestare due sistemi ettometrici (minimetro) a funzionamento automatico e continuo (8), a servizio degli ospedali Gemelli e Pertini rispettivamente.

Il secondo anello circolare, quello più interno (ACI) (14 km), potrebbe ricalcare a grandi linee quello che fu della gloriosa Circolare Rossa, opportunamente adattato alle nuove esigenze della città: passaggio per il polo culturale MAXXI-Auditorium (attraverso il nuovo Ponte della Musica), per i grandi viali dei Parioli e del Policlinico, per la Stazione Termini, per via Nazionale e Corso Vittorio (con superamento di via della Conciliazione in sottovia).

Data la linearità di gran parte dei percorsi su questo anello potrebbe essere impiegato esclusivamente materiale tramviario ad altissima capacità, analogamente a quanto già sperimentato in altre capitali europee (3), nelle quali si è preferito optare per le metrotramvie di superficie piuttosto che per le metropolitane sotterranee.

In secondo luogo la creazione di linee diametrali interne agli anelli, analoghe a quelle che nella riforma del ’30 vennero esercitate esclusivamente con materiale automobilistico, che invece questa volta dovrebbero essere percorse solo con materiale tramviario ad alta capacità, analogamente a quanto finora è già stato attuato in molte città europee di media grandezza, per le quali una rete sotterranea, anche di metropolitana leggera, è risultata insostenibile.

Le linee diametrali 1 (9 km) e 3 (10 km) dovrebbero consentire l’attraversamento completo dell’anello esterno da nord a sud, con capolinea a nord attestato presso la stazione Vigna Clara (costruita nel 1990 in occasione dei  Campionati Mondiali di Calcio ed in seguito mai utilizzata) di interscambio con l'anello ACE.

I capilinea a sud si attesterebbero a San Giovanni, per la linea 1 (con interscambio con la linea C), e la Stazione Ostiense, per la linea 3 (con interscambio con l'anello ACE); con diramazione fra le due linee in corrispondenza del Colosseo.

Le tratte da costruire a nuovo sarebbero quelle su Corso Francia, sul viadotto omonimo e su Ponte Flaminio, su via del Corso e su parte di via dei Fori Imperiali; tutte le restanti sarebbero già esistenti e solo da adeguare.

La linea diametrale 2 (10,2 km) dovrebbe consentire un analogo attraversamento da nord a sud ma su un itinerario alternativo, con capolinea a nord attestato presso la stazione Farneto (anch’essa costruita nel 1990 in occasione dei  Campionati Mondiali di Calcio ed in seguito mai utilizzata) con interscambio con l'anello ACE ed a sud presso San Giovanni, percorrendo però quota parte dell’anello circolare interno nei tratti dei grandi viali dei Parioli e del Policlinico.

Le tratte da costruire a nuovo sarebbero solo quelle intorno alla Stadio Olimpico ed alla Farnesina; tutte le restanti sarebbero già esistenti e solo da adeguare.

Infine si dovrebbero prevedere anche delle linee radiali di penetrazione, gran parte delle quali già esistenti.

Le linee di penetrazione 5 (8,1 km) e 14 (7,9 km) (rinominata qui 6 per uniformità descrittiva), dovrebbero consentire l’incrocio con i due anelli circolari sulla direttrice Prenestina.

Analogamente le due linee di penetrazione 8 (5,5 km) e 9 (4,6 km) dovrebbero consentirlo sulle direttrici Gianicolense ed Aurelia rispettivamente.

Le tratte da costruire a nuovo sarebbero solo quelle sulla Circonvallazione Cornelia e su via Gregorio VII; tutte le restanti sarebbero già esistenti e neanche da adeguare.

Se si decidesse di attestare definitivamente il capolinea della linea C a San Giovanni e si rinunciasse alla costruzione della tratta T3 (da San Giovanni al Colosseo), che non aggiungerebbe nulla alla potenzialità della linea, si avrebbe il risparmio immediato dei 790 milioni di euro già stanziati, che potrebbero essere più proficuamente spesi per costruire tutte le nuove linee (la 1, la 2, la 3 e la 9).

Tanto per avere una  percezione dei costi-benefici di questa nuova visione se si paragonassero i progetti della linea C e D insieme, come erano stati prospettati inizialmente, con la linea C (attestata a San Giovanni), le due linee circolari, le tre diametrali, le quattro di penetrazione e i due sistemi ettometrici insieme, si avrebbe una aumento delle lunghezza d’impianto del 102%, di linea del 139%, a fronte di una diminuzione dei costi del 23%.

Introducendo una rete di metrotramvie di superficie i nodi d'interscambio con la rete metropolitana e quella delle ferrovie suburbane (linea E: Roma-Lido e linea F: Roma-Montebello) passerebbero dagli attuali 5 a 35.

(1)    Si veda ad esempio il caso di Madrid ove la linea circolare 12 (Metro Sur) lunga 40,96 km e con 28 stazioni è stata realizzata in circa 40 mesi (2000-03) con 1.550 milioni di euro (38 M€/km).
(2)    Si veda ad esempio il caso della linea B1 costruita senza il nodo d’interscambio con la direttrice Nomentana o quella della stessa linea C che lo doveva avere con l’immaginata linea D all’Argentina.
(3)    Si veda ad esempio il caso di Budapest ove le linee 4 e 6, esercitate con il Combino Supra (convogli lunghi 54 metri e con capacità di 352 passeggeri), riescono ad avere portate comparabili a quelle di una metropolitana pesante (21.000 pax/h).
(4)    Si veda ad esempio il caso di Siviglia con la linea Metrocentro che attraversa il centro storico della città completamente pedonalizzato.
(5)    Si veda ad esempio il caso di Roma ove le linee automobilistiche turistiche hanno avuto un boom tale che il Comune è stato costretto ad intervenire imponendo dei vincoli alla loro proliferazione.
(6)    Si veda ancora ad esempio il caso di Siviglia ove la palificazione adottata per le sospensioni aeree del Metrocentro, anche se in via di sostituzione con una sistema meno invasivo, non è stata giudicata pregiudizievole alla realizzazione del progetto.
(7)    Si veda ad esempio il caso di Karlsruhe con il suo noto modello di tram-treno.
(8)    Si veda ad esempio il caso di Perugia con il suo Minimetro (funicolare in piano).

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